Sul cancello di una villa il padrone aveva scolpito un ragno ed una mosca ben definiti come un’opera d’arte; il ragno con la sua ragnatela, la mosca ad ali stese, pronta a volare…
Ora vi racconto il perché.
Un ragno viveva abitualmente su quel cancello. Ma altrettanto abitualmente aveva necessità di mangiare e per sfamarsi doveva stendere la sua tela tra una stecca di ferro ed un’altra, dove si sarebbero intricate le prede. E queste erano costituite dagli insetti che ignari passavano da quelle parti, in quel cancello. Per questo motivo un giorno iniziò il lavoro di stesura. Con la bocca prese dal suo ventre un punto di colla, l’appiccicò ad una stecca nel mezzo del cancello e con salti precisi da un punto ad un altro cominciò a girare al tondo, in su e in giù, in qua e là, tracciando con il filo elastico e trasparente che gli usciva dalla pancia un raggio sempre più largo di un disegno simmetrico e preciso. Quando il lavoro fu sufficientemente spazioso, chiuse il progetto staccandosi il filo di dosso e si fermò ad ammirarlo. Aveva fabbricato una bella ragnatela. Perfetta.
Pure una mosca frequentava quel cancello. Era velocissima nelle sue escursioni. Volava qua e là, su e giù. Passava avanti e indietro attraverso le sbarre di ferro, vi si posava, vi prendeva il sole. Si sentiva padrona di un pezzo di quel quadrato e dello spazio d’intorno. Il cancello era una cosa forte e sicura, fatta con bell’armonia dal signor padrone.
In realtà padrone per metà ne era divenuto il ragno che, stendendovi la sua ragnatela, in quella parte cacciava indisturbato altri insetti.
La caccia avveniva così. Quegli insetti, che la toccavano o appena la sfioravano, vi si impigliavano. Allora arrivava il ragno che prima li faceva prigionieri, poi li conservava avvolgendoli in un bozzolo di tela e condannandoli a morire, infine, con comodo, li mangiava, senza chiedere il benestare a nessuno, tanto meno alla mosca o al signor padrone.
La mosca a veder quel tranello e l’organizzazione di quella caccia un giorno affrontò il regno per dirgliene quattro:
– Amico mio, forse tutta questa attrezzatura l’hai organizzata per me? Se pensi di fregarmi, ti sbagli di grosso. Ho visto il tuo imbroglio e cercherò di non aiutarti…
– Veramente non è per te; tu sei la mia vicina di casa. Penso che siamo amici, anche se la fame a volte acceca la vista da non distinguere nemmeno le parentele. Quindi fai come vuoi, ma stai attenta…
– Va bene! Ti ringrazio, ma non proprio di cuore. Anzi, se posso, lo farò sapere al signor padrone ed ai miei amici, perché mettere una trappola in un posto così bello è un tradimento dell’ingegno e dell’amicizia.
– Come vuoi – rispose minaccioso il regno –. Così da oggi non rispetterò più nemmeno te -.
La mosca allora raccolse in sé tutta l’ira che aveva dentro e cominciò a volare da qua e là attraversando la tela a forte velocità, sì che quella non riuscisse a trattenerla, ma si strappasse lasciando ad ogni passaggio un buco aperto. Il ragno ad ogni colpo sulla tela correva per vedere se c’era una preda o un buco. Poiché mai era preda, si affaticava soltanto per tappare le falle.
Una lucertola, che stava prendendo il sole ai piedi dello stesso cancello e aveva sentito la discussione tra i due, si accorse pure del ronzio frenetico della mosca e dell’agitazione del ragno che impazzava da una parte all’altra della tela, dove la vedeva tremare senza che vi fosse manco una preda, ma strappi da rattoppare.
Dopo qualche tempo di questo gioco a dispetto, la mosca era sfinita, priva di forze e si impigliò nella tela. Pure il ragno, però, era sfinito dalle corse. Tutti e due stavano morendo di crepacuore. La lucertola previde come si stavano mettendo le cose e concluse: “Oggi va bene per me”.
Quando furono fermi ambedue, mosca e ragno, la lucertola salì e se li mangiò. Ma la ragnatela di cui erano intricati la mosca e il ragno era composta di materia urticante e indigesta. Un gran mal di pancia colpì la lucertola che cominciò a rotolarsi, a sbattere la coda per terra e dovunque.
Il signor padrone del cancello amava gli animali, gli insetti e la natura tanto che mai avrebbe fatto torto ad alcuno. Allorché, passando di lì, si accorse di quell’agitarsi, di quei movimenti insoliti, si avvicinò in soccorso della lucertola. La prese sulla sua mano, la guardò, ma non capì molto, se non che aveva la pancia piena.
– Perché ti agiti tanto, che hai? – le chiese.
– Sto morendo per colpa di due stolti, – rispose la lucertola.
– Che vuoi dire, spiegati meglio e in fretta, se mai posso far qualcosa per te.
– Devi sapere che sul tuo cancello avevano preso posto un ragno ed una mosca. Anzi si muovevano come se fossero loro i padroni e si litigavano per questo. Io… – e spiegò i fatti cui aveva assistito e come essa aveva approfittato di quella stupida arroganza, rimanendo colpita da crampi allo stomaco per colpa di quella tela forse composta da sostanze paralizzanti.
Il padrone ebbe pena per la storia del ragno e della mosca, ma volle anche premiare la sincerità della lucertola, aiutandola a vomitare gli insetti ingoiati. Poi immortalò la storia dei due sciagurati, dando loro posto nel suo cancello per cui nella vita tanto si erano litigati.