25 – Il cuculo ed il bambino

 

Un’allodola aveva sistemato il suo nido in un anfratto tra le zolle di arenaria che dava vita ad un rigoglioso bosco di castagni. Poi vi aveva depositato quattro uova ed aveva iniziato a covarle.

In questo duro lavoro, fatto di tanta pazienza e costanza, l’allodola ed il suo marito si alternavano con turni regolari. Prima covava uno, poi gli dava il cambio l’altra. Allora il primo volava a sgranchirsi un po’ le ali e le ossa, dopo faceva pranzo e procurava il cibo per la compagna. Poi ritornava al nido e glielo serviva. Trascorso il tempo concordato, il maschio riprendeva il posto di cova e partiva la femmina per fare le stesse cose. E così per tutto il giorno, per diverse volte al giorno. Si curavano dal mal di monotonia, si lenivano la fame e si sgranchivano le ossa.

In questo periodo, però, un cuculo seguì i movimenti troppo regolari dei due uccelli coniugati, scoprì il nido dell’allodola e, secondo il suo costume, distraendo per un attimo la coppia, depositò un uovo suo in quel nido, in mezzo alle loro uova.

Si deve sapere infatti che il cuculo non nidifica, non alleva i suoi “cuccioli”, ma depone un uovo nel nido di un suo gollega che sta già covando. Con questo sistema truffaldino e parassitario, pur disinteressandosi completamente d’allevare ed educare i suoi figli, riesce ugualmente ad assicurarsi la discendenza.

Ora, passati ventuno giorni di fatica e pazienza da parte delle allodole, moglie e marito, maturò il tempo della schiusa delle uova e nacquero ad uno ad uno i quattro uccellini implumi. Infine uscì dal guscio anche il piccolo cuculo. Alle allodole genitori cambiò la vita e a quella sedentaria seguì quella di massima frenesia alla ricerca di cibo per cinque piccoli affamati, sempre a becco aperto in attesa di… crescere. Ma il piccolo cuculo, forse per risparmiare fatica ai genitori adottivi, o forse soltanto per il suo istinto egoista, riusciva a trangugiare più cibo ed a crescere più in fretta. Così, dopo pochi giorni di vita, iniziò buttare fuori dal nido tutti i suoi fratellastri.

Con innata perfidia entrava sotto il compagno più vicino, allargava le alucce e lo spingeva fuori, finché quello non cascava dal bordo del nido. Ripeté l’operazione per quattro volte, tanto da rimanere solo, padrone di tutta quella casa fatta di morbidi fili intrecciati.

Un bambino, che tutti i giorni passava di lì per portare le vacche del padrone al pascolo, aveva visto il nido e, curioso, ne seguiva gli sviluppi. Quando si accorse del trafficare a tradimento del piccolo intruso verso i fratelli ed i genitori, ricollocò gli sfrattati nel nido e lo rimproverò:

– Brutto spennacchiato, sei così piccolo e già così cattivo? Butti i tuoi fratelli fuori: moriranno di freddo e di fame, perché i vostri genitori non si cureranno più di loro. Ma poi tu non hai freddo da solo?-.

– Non sono stato io. Io ho più fame di loro, perché sono più grosso e mangio di più. Loro sono usciti in cerca di qualcosa da mangiare -.

– Sei traditore e bugiardo, perché io ho visto quel che hai fatto e come hai fatto. Sei senza cuore perciò io rimetto i tuoi fratelli nel nido e guai a te…-, minacciò il bambino, sistemando alla meglio uccellini e nido, affinché al loro rientro le allodole trovassero tutto a posto.

Dopo qualche tempo il bambino tornò a far visita al nido e trovò la situazione come la prima volta: il cuculo solo ed i suoi fratelli buttati fuori del nido, affamati ed infreddoliti, che arrancavano a becco aperto in cerca di un punto di riferimento. Il bambino brontolò e minacciò di nuovo, ma il cuculo, fece finta di nulla, non rispose, mentre accovacciato si godeva pacioso tutto lo spazio a disposizione. Nel frattempo egli era cresciuto molto di più dei fratelli ed i genitori non facevano pari a viaggiare, a portare cibo per sfamare solo lui senza curarsi degli altri.

Il bambino raccolse tutti gli uccellini sparsi e li depose di nuovo nel nido. Poi costruì una piccola barriera intorno al nido, sicché fosse impossibile al cuculo far saltare il bordo del nido ai suoi fratelli.

Pareva che questa soluzione forzata avesse vinto sull’istinto naturale del cuculo e che tutti i fratelli sopportassero quella convivenza, anche se il cuculo con la sua ingordigia era sempre più grosso e gli altri sempre piccoli.

Un giorno, però, il cane che spesso seguiva il bambino, quando accompagnava il bestiame al pascolo, precedendo il padrone, a fiuto prese la strada del nido ed arrivò prima. Trovandosi davanti quei bocconcini teneri, li annusò, li leccò, poi non esitò oltre.

Da ultimo con una raspata di piede tirò fuori dal nido anche il cuculo. Stava per mangiarselo, quando sopraggiunse il bambino, che aveva intuito un finale tragico per l’esistenza del nido.

Il cuculo dalla carezza del cane aveva riportato una profonda ferita alla schiena. Il bambino capì che il nido ormai avrebbe avuto i momenti contati, se non provvedeva in qualche modo. Decise pertanto di portare il cuculo con sé a casa e di curarlo in gabbia, se mai non fosse morto.

Il piccolo ladro di ospitalità pianse molto, si raccomandò molto, ringraziò tanto dello scampato pericolo e si adattò volentieri alle cure del bambino, pur vivendo lontano dalla vita degli altri uccelli.

La sua ferita si gonfiò, ma presto si risarcì. Egli seguitò a crescere ed a mettere le penne. Era docile come non mai in mano al bambino ed accettava riconoscente ogni tipo di cibo che gli veniva fornito. Se veniva lasciato libero, ritornava sempre sulla mano o sulla spalla del bambino. Questi allora gli insegnò a volare fuori della gabbia. Poi quando fu sicuro che avrebbe cercato il cibo da solo e sarebbe riuscito a volare per lunghi tratti, gli disse:

– Ecco, ti ho salvato, ti ho curato ed allevato. Ora so che puoi farcela da solo. Parti e vola. Torna dai tuoi compagni, ma guarda di essere più onesto con loro -. Il cuculo chinò il capo molle sul gozzo, si mise a piangere e non voleva spiccare il volo.

– Mi sento molto affezionato a te. Sei stato più genitore dei miei. Non so come ringraziarti-.

– Vai, vai, – gli disse deciso il bimbo – senza rimpianti. La nostra vita sarà lunga ed avremo modo di incontrarci di nuovo-.

Il bambino aprì la finestra di casa ed il cuculo finalmente volò. Ma tutte le mattine che seguirono, presto, allo spuntar del sole, quando il cuculo era certo di trovare il bambino a casa, si posava sul ciliegio di fronte alla finestra e lo svegliava al canto del suo cucù.

25 – Il cuculo ed il bambino