43 – Amori di paese

Nel 1872 Caterina era vedova da due anni e il giovane Innocenzo, vicino di casa, scapolo, forte, ricco di virtù, sarebbe stato una garanzia: garanzia di sopravvivenza. Sì, perché Caterina, sulla via del declino, sfruttata dalle ripetute gravidanze, era consapevole di andare incontro alla vecchiaia da sola e probabilmente con molta fame nello stomaco. Innocenzo, invece, era libero, discreto, giovane riposato, di famiglia niente male… Forse troppo riservato.

Oltre il saluto, qualche confidenza saltuaria nient’altro dava a Innocenzo la spinta a saperne di più sulle donne, a interessarsi della vicina bisognosa di tante cose, oltre all’opera di spaccalegna. Insomma quando gli chiedeva una mano, un aiuto o di portarle due pezzoli in casa, Caterina faceva capire o provocava lo scapolo al salto di qualità, affinché questi si facesse coraggio nell’approccio. La donna, da parte sua, sapeva già che ci doveva stare. 

Prima o poiInnocenzo capì. Quel salto di qualità ci fu. Dopo diverse esercitazioni portate a termine intorno al pagliaio dell’aia di Caterina, Innocenzo prese l’ardire di entrare in casa di lei. Poi ci tornò una seconda volta, una terza… O sulla paglia o sui pagliericci di casa Innocenzo prese a cavarsela molto bene, divenne un giovane esuberante che presto recuperò tutte le mancate occasioni e mise in mostra un buono spirito d’iniziativa nel trattare con le donne. Perse la timidezza di un tempo. Non solo divenne meno introverso, ma pian piano recuperò fin al pari d’ogni altro uomo. Imparò che alle donne bisogna promettere eterno amore per essere preso in considerazione.

I due si sposarono e misero subito alla prova il loro amore e la loro voglia di ringiovanimento rafforzando la nuova famiglia. Nacque Veronica. 

La vita di questa figlia, però, fu lunga quanto le stagioni del sole, perché molto presto morì. Al dolore e alla delusione la madre sopravvisse ben poco tempo. Infatti, non molto tempo dopo pure Caterina venne a mancare. 

Innocenzo, non tornò nello sconforto; vedovo, ancor giovane e solo era ormai bene avviato nel rapportarsi con le ragazze o le zitelle, abbiamo detto: la sposa matura era stata una abile preparazione all’apertura verso un mondo nuovo, il sesso. Anche se aveva goduto poco quella buona opportunità.

Francesco sulla sua strada presto incontrò la giovane men che ventenne Maria. Per la verità lei abitava a Casa Ripaccioli, la borgata vicina, ma i loro interessi quotidiani viaggiavano per le stesse carrarecce, per i medesimi sentieri. Un po’ per via di qualche parente che facilitò l’incontro, un po’ perché le due anime sole erano in cerca di una controparte cui affidare le confidenze di cuore, fu proprio nei primi giorni d’inverno, che capitò l’occasione dove Innocenzo e Maria poterono entrare in familiarità. 

I due erano in cerca di un riparo dal freddo. Lei era piuttosto timida, riservata come lo era stato Innocenzo fino a qualche anno addietro. Del resto, un po’ robusta, non si sentiva abbastanza bella. Si conobbero, si frequentarono e l’ormai uomo esperto comunicò sicurezza e fiducia alla giovane, mentre approfittava della sua ingenuità. D’altra parte anche Maria non vedeva l’ora di sentirsi donna matura e poter intraprendere la stessa familiarità con l’altro sesso. 

Gli appuntamenti si combinavano per lo più nella capanna delle pecore, l’ovile, per intenderci, lontano dalle abitazioni, in mezzo alla campagna destinata a pascolo. Maria faceva uscire le bestie dal riparo, le avviava per il prato vicino e poi tornava indietro e aspettava… l’amore. Innocenzo, dopo aver sistemato il suo gregge nei suoi campi, arrivava puntuale alla capanna di lei. I due senza molti preamboli s’attardavano là dentro nei giochi che mandavano in estasi i loro sensi. Non per molto, perché il richiamo del dovere del pastore era sempre lì: non dimenticare le pecore libere al pascolo. 

Allora i due amanti si salutavano, poi si separavano come se nulla fosse accaduto.

Gli incontri andarono avanti in segreto per diverso tempo, sempre con le stesse modalità, sempre con la stessa circospezione. 

Ma erano così clandestini agli occhi di chi voleva sapere, che presto nessuno dubitò più della relazione tra il vedovo e la nubile ragazza. Del resto quella malcelata segretezza, durata un inverno e una primavera intera, non era nemmeno possibile custodirla a lungo. Infatti, dopo lo strascico di chiacchiere e dopo una certa passionale frequenza, Maria si ritrovò incinta.

La povera fanciulla non sapeva da che parte cominciare: dirlo in casa e preparare il corredino necessario, portare avanti la gravidanza da sola, oppure affrontare un matrimonio riparatore? 

Nel decidere si perse tempo utile. Comunque il risultato fu che il figlio sarebbe nato benvoluto e il padre non sarebbe sfuggito alle sue responsabilità. “Un figlio ci aiuterà a far conoscer a tutti che ci vogliamo bene”, le spiegò Innocenzo. 

Fu una figlia. I genitori si dichiararono, ma al battesimo il parroco non poté fare a meno di annotare: “…nata da copula illecita pubblica”. Insomma in paese sapevano tutti che Chiara era venuta al mondo da un rapporto non canonicamente regolarizzato da santa Madre Chiesa. 

Quando poi con calma Innocenzo e Maria convolarono a giuste nozze, non fu necessario nemmeno correggere l’atto di nascita e di battesimo di Chiara con l’aggiunta della solita formula di riconoscimento usata per i figli nati fuori del matrimonio. Così la piccola si porterà dietro quell’etichetta di quattro parole poco diplomaticamente aggiunte nel libro dei battezzati da frate Celso e ripetuta in ogni documento ecclesiastico.

43 – Amori di paese

3 pensieri su “43 – Amori di paese

    1. Cara Renata, non ricordo e non so a chi vittoria ti riferisci, comunque quando ero bambino si parlava di fatti simili,
      Ora m’hai dato l’ispirazione qualche episodio nuovo… Buone feste a te e famiglia. ciao

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