Casa Belardi è un agglomerato di case che oggi fa parte della borgata della Corsica poco dopo quella di Monte Calvo. Una casa più moderna si stacca di circa trecento metri dal gruppo. A metà strada fino agli anni sessanta esisteva un piccolo fontanile con un pisciolino d’acqua freschissima. In quegli anni fu distrutto per rendere quella strada di collegamento più agibile agli autoveicoli. Tanto, si pensò, l’acqua è già nelle abitazioni e ristrutturarlo è un costo inutile. Oggi l’acqua della sorgente in dispersione ha formato un acquitrino più in basso, dove un tempo c’era l’orto di Attilio Olivi. Vicino alle case è stato ricostruito un piccolo fontanile alimentato dall’acquedotto comunale. Quello antico, però, abbandonato, non è stato distrutto completamente, ma nessuno quaranta anni fa ricordava più la storia di cui era al centro.
Casa Belardi nei catasti antichi è detta Casa Berna. Angela figlia di Berna – Bernardino – dei Poggi intorno al 1670 si era sposata con Domenico Bargazza di Monte Calvo ed era venuta ad abitare qui. Berna, rimasto vedovo e solo, si trasferì vicino alla figlia e vi costruì una casetta. Poco distante dall’abitazione, tra grossi scogli, veniva alla luce una sorgente freschissima. Berna l’adattò a fontanella per gli usi di casa, ma pure per il suo ristoro. Infatti nei giorni di calura estiva era solito rigenerarsi all’ombra di un castagno le cui fronde si stendevano fin sopra la sorgente. Un giorno Berna, ormai vecchio, a quell’ombra si addormentò profondamente. Si fece notte e non si svegliò. Il fresco divenne freddo. Il cane ed il gatto, unici compagni della sua vita, lo andarono a cercare e, trovatolo sdraiato sul suolo, inerme, gli si posero accanto, lo vegliarono e lo riscaldarono. La figlia ed i parenti si accorsero del suo mancato rientro a casa e si misero alla sua ricerca. Finalmente rintracciarono le bestie e trovarono lui, che non dava segni di vita. Era buio, non sentivano, né vedevano il respiro, sicché, dopo qualche tentativo di rianimazione, si dettero pace e lo piansero morto. Lo portarono a casa, sul letto ed il mattino successivo avvisarono i conoscenti per le onoranze. Anch’essi lo vegliarono per tutta la giornata ed a sera lo spostarono sulla lettiga per il rito funebre. Ma qualcosa in questi ultimi movimenti toccò un punto sensibile di Berna, che proprio come da sonno profondo riprese conoscenza. Stupore, incredulità. Allora tutti si assicurarono che stesse bene, poi tornarono alle loro case e raccontarono cosa era accaduto a Berna. Pochi si fermarono a chiedere a lui che era successo. A quei pochi Berna raccontò la sua giornata di sonno. Forse una bevuta d’acqua diaccia, forse una congestione (oggi diremmo), Berna sentì freddo e si accartocciò su se stesso. Ricordava solamente di aver viaggiato tanto, di essersi visto giovane con l’immaginazione di quei tempi. Aveva sentito dire che ai Poggi, cercando tra i boschi bastava bussare dove la terra risuonava a vuoto e scavare, perché da lì venisse fuori una tomba antica piena di tesori. Berna nel suo viaggio aveva bussato e scavato sotto un enorme faggio, da cui, dopo aver trovato un piccolo cunicolo, era entrato in una grande caverna. L’aveva illuminata con una lanterna che aveva con sé ed ai suoi occhi era apparsa una visione stupefacente: una carrozza tutta dorata pronta per essere aggiogata da quattro cavalli, collane di perle, gioielli appesi dovunque, recipienti ricolmi di brillanti ed oggetti bellissimi sul carro e ai cantoni delle volte. Nulla fuori posto secondo un ordine stabilito chissà quando e da chi. Era certamente la tomba di una gran regina dei tempi antichi. Berna era uscito, era andato a cercare aiuto nei suoi familiari ed aveva portato tutte quelle ricchezze a casa. Era divenuto ricco, aveva arricchito i parenti ed il vicinato, che per riconoscenza tutti i giorni gli apparigliavano la carrozza dorata e lo scortavano ovunque volesse andare, come un gran principe. Quella carrozza era morbida e ovattata, tanto che viaggiava senza scosse, né frastuoni. Né si sentiva, né si vedeva. Era un bellissimo sogno.
Berna ad ognuno, che lo avvicinava, raccontava il suo vissuto da “morto”, ma la cosa non durò per molto. Infatti dopo qualche mese morì di nuovo e questa volta senza risveglio. I parenti accolsero le condoglianze dei vicini, poi lo caricarono sulla lettiga e lo accompagnarono a seppellire.
Subito dopo circolò la voce che i parenti sotto il pagliericcio di Berna avevano trovato ogni bendiddio: soldi, oggetti preziosi, ori e brillanti… Così avevano lasciato la borgata ed erano spariti. A loro ricordo era rimasta solo Casa Berna, vuota.