6) FONTE SANETTO. Lo spirito purgante

La struttura pervenuta, datata 1925, fa supporre un rifacimento su preesistente fonte più “povera”, ma di ormai consolidato servizio ed uso pubblico. La sua disposizione ed il suo nome derivano da Sanetto, o Sano (che sta per Ansano) Sanetti, vissuto tra il 1570 ed il 1625, menzionato nei registri parrocchiali come avo della famiglia. Si può arguire, quindi, che Sanetto abbia messo a pubblico uso l’acqua di una ricca sorgente nei suoi terreni.

La famiglia de Sanectis viveva a “Monte Calvo”, oggi Casa Danti, località a nord del convento della SS. Trinità. Tra le poche di Selva ad avere il cognome già nei primi atti parrocchiali del 1626, teneva ampi possedimenti di terreni ed era benestante, tanto che insieme alla famiglia Bargazzi (poi Sabbatini) pure di Monte Calvo, cui la univano stretti legami parentali, era unica a possedere la tomba di famiglia in chiesa: “Si diede sepoltura al cadavero di Maddalena figlia di Dionisio Sanetti… e fu sepolta nella sepoltura gentilizia sotto la loggia della chiesa maggiore (30.8.1743)”

Figlio di Sanetto fu Dionisio, vissuto dal 1598 al 2.8.1682, detto Nigiotto, vero patriarca sia perché insieme alla moglie Vittoria Mancini visse 84 anni lui (e 90 lei), età veneranda soprattutto per i loro tempi, sia perché fu il primo ed unico ad avere la qualifica di “caporal”, segno di gran rispetto nella comunità e di una non precisata esperienza. I Sanetti ebbero pieno sviluppo nel secolo XVII. L’ultimo della parrocchia fu Pier Francesco di Giovanni morto nel 1773 a 40 anni.

La Fonte di Sanetto, munita di due cannelle versanti su lavello in peperino, di abbeveratoio e di lavatoio, tutto poggiante su parete di fondo triangolare (a capanna), murata in sasso a vista, ha dissetato la popolazione di Casa Dondolini, di Monte Calvo ed i passanti fino al 1980; poi, a seguito della fornitura d’acqua diretta nelle abitazioni, è stata abbandonata.

Caduta in rovina, è stata derubata delle pietre di rifinitura in peperino.

Oggi, col contributo del Comune di Santa Fiora, è stata ristrutturata dall’iniziativa e dal lavoro dell’Associazione Culturale per la Selva. (Fin qui si legge in un cartiglio affisso nell’agosto 2008).

Anticamente chi voleva andare dalla Selva bassa a Casa Dondolini, all’altezza delle Sambucaie lasciava la carrareccia che portava a Santa Fiora ed entrava in una mulattiera, che, attraverso una antica faggeta, finiva poco sopra Fonte Sanetto, poi si immetteva in un’altra faticosa carrareccia fino a Casa Dondolini.

Oltre cento anni fa Le Sambucaie, piccola borgata coperta dai castagni, era abitata dagli Amaddii. Antonio Romualdo, un Amaddii del luogo, un giorno di dicembre, preso dallo sconforto o preso da chissà che, con una fune in mano s’avviò per quella mulattiera, s’allontanò dalle case e si fermò sotto la fronda di un faggio secolare. Ripensò un attimo alle sue cose, guardò un ramo alto e robusto, poi deciso salì sopra un sasso dalla forma strana che usciva pulito e slanciato dalla terra. Da un lato fissò la corda al ramo e dall’altro se la legò al collo e si buttò giù…

Era un operaio, celibe, di 42 anni.

Nessuno vide, nessuno sentì nulla. Fu ritrovato dopo diverso tempo e si dice che la cosa impressionasse tantissimo i soccorritori.

Il parroco annota che “Ogni tanto dava segni di pazzia, finalmente s’impiccò”. Ma precisa, quasi per lasciargli aperta la via del Purgatorio, “S’era confessato da pochi giorni”. Comunque quella terribile impressione si tramandò tra la gente. La mulattiera all’altezza del sasso strano fu scavallata. Il luogo veniva evitato in segno di rispetto. Lì era sempre scuro, il sole rimaneva sempre lontano, perché le altissime fronde dei faggi gli impedivano di arrivare a terra. In quel punto il giorno era più corto, perché l’alba arrivava più tardi ed al tramonto era già buio. Un’ombra nera di giorno e di notte s’aggirava nei paraggi curva sulla schiena, come oppressa dai suoi pensieri, senza mai scoprire il volto. Chi passava lì vicino raccontava di aver visto un grosso ramo di faggio muoversi da solo, di aver sentito un soffio nell’aria che non era vento. La sensazione poi era diversa per chi percorreva la strada da Le Sambucaie a Fonte Sanetto, mentre in altro modo la raccontava chi veniva da Fonte Sanetto verso Le Sambucaie. La gente dava anche un’interpretazione a quelle sensazioni: secondo che quello spirito da casa andava verso la morte o dalla Fonte, luogo di benessere e di purificazione, tornava verso il luogo dello spirare l’ultimo alito.

Oggi nessuno percorre più la mulattiera e nessuno ha più percepito le sensazioni di quello spirito scontento. Forse, vagando, anche Romualdo ha incontrato Marcone ed il ragazzo, pure loro in cerca di pace da quelle parti, per quei boschi. Finalmente tutti e tre si potranno scambiare due parole.

6) FONTE SANETTO. Lo spirito purgante

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