27 – Il rospo zoppo

 

Un rospo chiatto e grosso aveva preso dimorava nell’orto vicino la casa di Luigi. Stava bene, il cibo era abbondante, il fresco pure era tonificante. Luigi poi annaffiava spesso le sue pianticelle: insalata, pomodori, zucchine, fagiolini… Tutti ortaggi che crescevano a vista d’occhio dalla primavera all’estate, quasi in un giardino dell’Eden. Naturalmente il rospo non era solo a godersi questo paradiso terrestre. C’erano lucertole, ragni, coccinelle, farfalle, cimici, bruchi, lumache, bacarozzi sotto terra e tanti altri insetti. Insomma il nostro, oltre alla compagnia, aveva cibo a scelta, in abbondanza. Sarebbe stato felice per sempre, se non gli fosse capitato addosso un incidente sul… lavoro, che lo lasciò invalido e gli rovinò l’esistenza.

Un giorno, a primavera inoltrata, Luigi decise di ripulire l’orto ed i suoi argini dalle erbe infestanti, da quelle spontanee nate ai bordi del vangato, negli stradelli di accesso. Mise in moto il decespugliatore, si bardò degli accessori di protezione e cominciò con quel rumore assordante a frullare tutto quel che era fuori della parte di terra coltivata. Tagliò ortica, rovi, menta, gramigna, trifoglio, cardi, papaveri, festuche, radicchi e bietole selvatiche… I fili dell’attrezzo girando ad altissima velocità tagliavano, tritavano e spianavano quel che incontravano nel raggio d’azione. Alla fine le erbacce non c’erano più, degli insetti, che vi si nascondevano in mezzo, alcuni erano morti con l’erba, altri erano usciti allo scoperto in cerca di un riparo più tranquillo. Tra questi c’era un rospo che da un lato del terreno era uscito a pancia all’aria e si dimenava, anzi spasimava. La povera bestiola non aveva più una gamba posteriore, il filo del decespugliatore gliela aveva recisa di netto. La ferita sanguinava, il rospo faceva movimenti scomposti per riprendere la sua posizione a pancia sotto. Luigi al vedere quella scena, n’ebbe compassione, fermò l’attrezzo e si mise a guardarlo riflettendo se mai potesse fare qualcosa per riparare il danno procurato.

Al punto di come stavano le cose, c’era poco da fare: fermare il sangue e legare la ferita per limitarne la perdita. Prese un filo di refe e legò al limite del taglio. Poi disse al rospo:

– Più di questo non posso e non so fare, nonostante tutta la buona volontà. Però tu continuerai a vivere ai bordi del mio orto; io farò in modo che non ti manchino mai gli insetti per mangiare, senza troppa fatica. Perdonami tanto, so che mi sei stato utile. Non ti avrei mai fatto un torto, tanto meno un danno così, se ti avessi visto prima, se avessi saputo che eri qui…-.

– Grazie delle cure e ti sarò riconoscente per la tua volontà di riparare il male fatto, curandomi le ferite –, rispose il rospo.

– Tornerò a trovarti. Vedremo se il cibo che riesci a raccogliere ti è sufficiente e spero nel buon decorso della guarigione. Auguri -.

Il rospo e Luigi si lasciarono senza rancore: il primo col suo spasimo, il secondo col suo rimorso.

Qualche giorno dopo il dolore era diminuito, il rospo aveva cominciato a cercare e trovare qualche insetto alla portata della sua invalidità. L’uomo fece un sopralluogo per sincerarsi della situazione dell’amico. Lo trovò, s’accertò che non era morto, che riusciva strisciare sul ventre e, quindi, che qualcosa aveva mangiato. Poi gli avvicinò qualche insetto pigro e se ne tornò indietro, salutandolo.

La cosa andò avanti così per diversi giorni: il rospo faticava a muoversi, ma viveva, Luigi si rabboniva la coscienza visitandolo, portandogli da mangiare, confortandolo.

Le visite, lo scambio di notizie circa la salute dell’invalido era diventata una prassi per l’ortolano. Il rospo allora decise di ringraziarlo della contrizione e della dedizione: pregò lo spirito creativo che era dentro di lui, che lo seguiva e l’aiutava, perché facesse un piacere a quel padrone dell’orto pur non richiesto. Poi si nascose sottoterra. Da subito, proprio come per magia, la sua forza propiziatoria affiorò sulla terra e in silenzio lavorò tutta la notte seguente: le zucchine crebbero e anticiparono la maturazione, i pomodori fiorirono rigogliosi, carichi in ogni ramoscello, le patate divennero tutto un bosco di cespugli floridi, i cavoli furono giusti per essere colti. Dove l’anfibio aveva perso sangue l’insalata e le verdure erano tutte belle e già pronte per la tavola. Al mattino seguente il padrone non poté fare a meno di constatare la differenza delle cose da come le aveva lasciate il giorno prima. Si fermò a riflettere: cosa è successo alle mie piantine? Al mio terreno? Un miracolo della natura, forse gli influssi benefici della luna.

Chiamò i vicini ad ammirare tanta meraviglia, chiese aiuto per capire come fosse accaduto il prodigio. Questi pure si stupirono senza darsene spiegazione. Gli chiesero semmai di ricordare quale concime avesse usato.

Insomma per quell’anno tutti fruirono della ricchezza dell’orto di Luigi venuta così in anticipo e con tanta abbondanza senza tanti complimenti. Ma, rimasto solo, a Luigi venne in mente la “storia” che gli aveva insegnato il nonno: “Quando incontri un rospo, guarda se si gonfia e si alza sulle zampe o rimane pacioso e indifferente. Quando si gonfia, ti sta mandando contro una fiatata avvelenata, dallo spirito contraddetto e malefico; quando resta tranquillo vuol dire che accetta la tua presenza, in pace, che non solo il rospo, ma anche lo spirito del bene è a favore tuo. Qualsiasi cosa muove il rospo intorno a te ha i “favori” della sua luna”.

È vero, fu proprio così. Tutte le volte che si erano incontrati nell’orto, il rospo e Luigi, quello aveva sempre celato il suo dolore ed aveva parlato pacatamente, senza odio, nonostante il male ricevuto.

Luigi capì che quel rospo non solo era utile nel suo orto, ma gli portava l’abbondanza.

27 – Il rospo zoppo

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