In mezzo alla campagna c’era un assolato e bellissimo prato verde. Era primavera, l’erba era freschissima, chiazzata di fiori dai più variopinti colori. Animali e insetti erano sparsi là in mezzo, ognuno affaccendato a sfamarsi di quel tenero germogliar della natura o semplicemente a godersi il fresco dell’erbetta appena spuntata, bagnata di rugiada. Vivevano felici così tutti insieme.
Anche un bue ed un grillo erano lì per questi motivi e si trovavano a pochi passi l’uno dall’altro: uno mangiava e l’altro, uscito fuori dal nascondiglio di un buco in terra, cantava.
Il grillo gorgheggiava da mattina a sera ed i suoi fratelli sparsi qua e là gli facevano il coro, rispondevano. Insomma per tutto il giorno metteva su una cantilena che annoiava, anzi faceva girare le scatole al bue che alla fine si stufò, s’irritò, smise di mangiare. Quell’interminabile serenata gli mandava pure di traverso il boccone, lo rendeva nervoso, non riposato, come pareva e avrebbe dovuto, invece, stando in mezzo a quella rigogliosa natura.
Ad un tratto in uno scatto d’ira il bue s’avvicinò al buco del grillo e con uno zoccolo dette due raspate che spianarono tutto, portarono via erba e terra tanto da rendere irriconoscibile non solo la casa al grillo, ma pure il panorama di riferimento dove questi si trovava un attimo prima.
– Così la fai finita di tormentarmi tutto il giorno con questa lagna -, disse il bue a danno concluso. Ma il grillo, che fortunosamente s’era salvato da quello sfogo e da quella violenta furia, gli rispose:
– Tutti sanno che sei la bestia più pacifica e tollerante del mondo, perché hai riservato tutto il tuo odio contro di me? Io sono qui perché è festa e faccio festa. Non vedi quanta festa intorno a noi ha steso la natura in questi giorni di primavera?-.
– Ho visto la primavera, ho sentito il richiamo della natura, ma ho sentito pure che tu da stamani con quel cri cri insolente e petulante mi hai rovinato il godimento di tutte queste bellezze, il mio riposo e la mia festa -.
– Oh, ma allora proprio non vuoi capire di startene calmo e pacifico. Scusa, sei un bue o sei un toro?-.
– Che vuoi dire? Io sono un bue da lavoro, da fatica. Questo sarebbe il mio tempo di riposo, se tu non me lo guastassi!-.
– Insomma, scusa la battuta, di brutto non hai solo le corna… se agisci e fai del male al prossimo solo per istinto, per nervosismo-.
– Tu non sei intelligente, né ragionevole, secondo me. Ti affatichi da mattina a sera per rendere allegri gli altri, per quanto dici. Ma chi te l’ha chiesto? Alla fine che ci guadagni, che concludi? Sei sempre magro e piccolo: tutta voce e basta! La devi fa finita, la devi piantà come si dice tra noi -.
– Tu invece sei grande e grosso, ma di intelligenza limitata pure tu. Che ci fai con uno come te? Giusto il duro lavoro dei campi -.
– Tu non sei abile nemmeno a quello. Sei noioso, mangi a ufo, campi poco e rompi molto. Fai tanti figli, ma tutti pari a te noiosi-.
– Io, ti ho detto, sono allegro, porto primavera, porto allegria ai vicini-.
– Tu sei inutile, io sono utile e necessario ad alleggerire il lavoro e la fatica dell’uomo -.
– Gli sei tanto utile che poi alla fine ti ringrazia servito sul piatto da pranzo come bistecca…-.
– Tu non sei utile nemmeno a quello, sei utile giusto come becchine alle galline…-.
La lite andava per le lunghe, nessuno si arrendeva. Da un momento all’altro poteva sfociare in tragedia, tanto che qualcuno pensò bene di intromettersi:
– Basta, a voi due, di litigare. Mangiate, cantate e zitti -, intimò loro un corvo nero, che dopo uno svolazzo si fermò in mezzo -. Che avete da litigare, che cos’è che non va? Qui altro che pace agreste, oggi…- e come vide il grillo a blaterare davanti alla sua casa distrutta, cominciò ad inseguirlo a saltelli. Il grillo s’accorse del pericolo imminente e con pari salti a destra e sinistra per disorientarlo, tornò a nascondersi nell’erba fresca. Senonché prima di zittirsi definitivamente ebbe la forza di stridere a voce alta:
– Senti, amico mio. Non litighiamo più. Smettiamola qui. Siamo neri ambedue. Abbiamo le corna ambedue. Io invito te e tutti coloro che mi ascoltano a vivere in pace e più allegri. Sdrammatizziamoci la vita per campare più a lungo possibile, senza nemici…-. Gracchiolò quest’ultimo pensiero sottovoce, riferito, al vicino inseguitore, prima di zittirsi definitivamente. Poi si fermò ed aspettò che l’uccellaccio tornasse sui suoi passi con propositi più pacifici.
Allora il grillo voltò le spalle al bue e si mise a lavoro per ritrovare le tracce del suo buco.
In effetti una briciola alla volta riuscì a spostare tanta terra che era una montagna rispetto al suo corpo. Paziente come un bue, forte come il bue, rifece la sua casa.
Il bue, che si era sfogato, ora tornato pacioso, non disse altro. Trattenne le sue ulteriori opinioni, allungò il passo e cambiò campo d’erba…
Ragionando, con la collaborazione di un possibile danno più grande, i due ritrovarono la pace e il modo giusto di convivenza.